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Il corpo del testo

La traduzione transfemminista queer

Se siete a Torino e cercate qualche lettura per approfondire tematiche come inclusione e rappresentazione delle minoranze, Nora Book & Coffee è il posto giusto per voi. Davanti a un caffè, Denise e Vincenzo ci hanno fatto scoprire editori e titoli che non conoscevamo e ci hanno offerto interessanti spunti di riflessione. Trai i libri che abbiamo scelto, ce n’è uno perfetto per la #traduzioneacolazione di oggi.

Ne “Il corpo del testo”, Laura Fontanella ci guida alla scoperta della traduzione transfemminista queer, analizzandone le origini storiche, le motivazioni, le sperimentazioni pratiche e i limiti.

Ma procediamo con ordine. Il saggio si apre con l’analisi dell’intersezione tra femminismo e traduzione. Negli anni ’60 e ’70 nacquero i primi approcci femministi alla traduzione mirati a diffondere le opere di autrici canadesi e americane che, attraverso una scrittura sperimentale, ricca di neologismi come “herstory” e giochi di parole, volevano dare voce alle donne e alle loro aspirazioni attraverso un nuovo linguaggio più rappresentativo del femminile. In questo contesto, la traduzione divenne un atto creativo e sovversivo al tempo stesso, volto a destrutturare stereotipi anche nella lingua di arrivo, producendo un effetto straniante in chi leggeva.

Se da un lato la traduzione fu funzionale alla circolazione delle idee femministe e al recupero di opere di autrici del passato dimenticate, dall’altro mostrò solo la visione di un femminismo privilegiato, bianco e borghese. I testi di culture meno potenti venivano così resi in una sorta di “traslatese”, un inglese che appiattiva e normalizzava tutte le peculiarità di quelle culture in favore del pubblico occidentale. In linea con l’evoluzione dei Cultural Studies, l’atteggiamento eurocentrico lasciò spazio a un’analisi e a una resa più attenta e rispettosa degli elementi culturospecifici che emergevano in testi di autorialità postcoloniali, cioè di persone originarie di Paesi che hanno vissuto la dominazione coloniale.

Negli anni, il femminismo ha assunto un carattere via via più inclusivo, aprendosi anche alle soggettività LGBTI*Q, e così ha fatto la traduzione, diventando transfemminista queer con l’obiettivo di dare “voce alle vite marginali, ai generi non conformi, alle sessualità differenti”.

Fontanella spiega che questo tipo di traduzione deve porre particolare attenzione alle pratiche linguistiche di Gender Bendering, Gender Queer e Degendering usate dalla comunità queer per “piegare” il genere in modo consapevole o spontaneo, oppure per neutralizzarlo e rappresentare soggettività non binarie.

Chiaramente, in traduzione questo tipo di approccio crea non pochi grattacapi dovuti alla mancanza di letteratura in italiano e alla conseguente assenza di determinati immaginari, per non parlare delle differenze morfosintattiche tra lingua di partenza e lingua di arrivo (presenza o assenza di pronomi “gender marked”). Chi traduce si trova, quindi, di fronte a dilemmi costanti e a molte responsabilità. Nella “Postfazione: Found in translation”, il resoconto del laboratorio di traduzione tratto da questo libro, vengono raccolti esempi di narrativa, poesia, fumetti e graphic novel effettivamente tradotti durante il workshop, ne vengono evidenziate le criticità ed esposte le strategie adottate, come il ricorso a glossari e note, oltre alle riflessioni emerse durante le lezioni.

L’autrice analizza anche alcuni limiti di questo tipo di traduzione, che rischia di essere una pratica elitaria perché affrontabile soltanto da persone che hanno già acquisito consapevolezza del proprio posizionamento e conoscenze specifiche in materia per rendere giustizia all’originale senza perderne le motivazioni.

Infine, per chi volesse approfondire, il testo è ricco di note in cui vengono tradotti estratti di opere citati in lingua, insieme alla terminologia, ed è corredato anche da una bibliografia e una sitografia molto dettagliate, in cui compare anche “La voce del testo” di Franca Cavagnoli, citata per il riferimento alla dominante del testo.

 

Ringraziamo Ilenia Gradinello, che ha scritto per noi questo articolo.