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Il labirincubo delle parole intorno a Joyce

Per la #traduzioneacolazione di oggi abbiamo deciso di cambiare rotta, ma solo nella forma, servendovi non un libro come al solito, ma un video, quello di un incontro risalente al 2019 in cui Alessandro Bergonzoni, funambolo delle parole, intesse un dialogo avvincente con Enrico Terrinoni e Fabio Pedone, due dei traduttori italiani del Finnegans Wake di James Joyce.

“Colui che sognammo era un ombripotente.”

“Libro della notte”, prosecuzione del viaggio nell’animo umano iniziato con quel “libro del giorno” che è l’Ulisse, Finnegans Wake è una «suprema sintesi verbale del Creato» costruita attingendo a quaranta lingue. La sua traduzione è dunque una ininterrotta sfida, come testimonia Umberto Eco: «Ogni avvenimento, ogni parola si trovano in una relazione possibile con tutti gli altri ed è dalla scelta semantica effettuata in presenza di un termine che dipende il modo di intendere tutti gli altri. Il “senso” di quest’opera ha la ricchezza del cosmo, e l’autore vuole ambiziosamente che esso implichi la totalità dello spazio e del tempo – degli spazi e dei tempi possibili».

È proprio questa sfida ininterrotta a ispirare una conversazione a tratti rocambolesca, che ben rispecchia l’atmosfera linguistica dell’opera di Joyce. “Joycestick” è il primo dei tanti ami gettati da Bergonzoni, che si produce nei propri giochi di parole concatenati senza soluzione di continuità. Un amo a cui Terrinoni abbocca e risponde a tono con “Joysprick”, facendo riferimento allo scritto di Anthony Burgess dal titolo “Joysprick; an introduction to the language of James Joyce”, in cui l’autore di Arancia Meccanica parla della lingua di Joyce, restituendone parodie e versioni interessanti. A chi, come noi, volesse approfondire il punto di vista di Burgess su Joyce, indichiamo questo link: https://www.anthonyburgess.org/tag/joysprick/.

Cercando di spiegare il significato di “prick”, un Terrinoni imbarazzato fa alcune parafrasi per evitare di pronunciare la parola “pene” in pubblico. Questo per Bergonzoni è uno spunto per far notare che in traduzione non c’è spazio per imbarazzi o paure. In fondo tradurre significa prendere decisioni nette, continuamente, ma conclude affermando anche che “oggi il grande problema della parola è che noi l’abbiamo schiavizzata a dare solo un significato.”

Terrinoni afferma che “Il motivo per cui noi leggiamo Joyce è perché non siamo mai sicuri di quello che ha detto. […] La grande letteratura non è quella che ti dà la certezza, ma l’incertezza.” Da qui nasce forse la sua “ricerca dell’impossibile e della letteratura che non si spiega, non perché non ha da dire, ma perché ha da dire tanto, troppo, e perché non puoi mai comprenderla.” Ricollegandosi a questo, Bergonzoni sostiene che “noi cerchiamo di comprendere ciò che è incomprensibile. La meraviglia di Finnegans Wake e di Joyce […] è, io la chiamo da anni ‘voto di vastità’, non avere confini, ma avere […] ‘non-fini’. Qua non inizia nulla e non finisce nulla […]. Le parole ci stanno dosando perché osano, e dovremmo farlo anche noi.”

Per Pedone e Terrinoni, che concordano sul fatto che tradurre voglia dire cambiare, “la traduzione è un gioco a ping pong” proprio con le parole, a partire però dai saggi e dagli studi sulle opere di Joyce, che sono serviti da base solida sulla quale poggiare eventuali voli pindarici e scelte ardite, giustificate talvolta dalle spiegazioni fornite dallo stesso Joyce nei propri saggi che hanno anticipato l’uscita di Finnegans Wake.

La questione centrale è ridare il senso delle parole, “ma non uno solo, ridarli tutti e anche quelli che non hanno.”

“Il traduttore, soprattutto con i testi estremi, è forzato anche a stradire. Stradire, a dire di più di quello che c’è.” Dobbiamo ricordare “che c’è anche l’impossibile, l’incredibile, l’invisibile, l’inaudito. È inaudito: noi quando diciamo inaudito, pensiamo a una cosa inascoltabile, che non sta né in cielo né in terra. Joyce lavora in cielo e in terra. Lavora in una materia che è universo.”

Fabio Pedone a un certo punto afferma che “è interessante pensare che la traduzione non lavora su uno spazio, ma su due spazi, quindi c’è bisogno di ripensare. Noi stiamo sempre pensando a due cose allo stesso tempo.” Dopo una carrellata di parole, significanti e associazioni di idee a mo’ di flusso di coscienza, per restare in tema, Bergonzoni conclude affermando che i traduttori “insegnano una cosa: a non accontentarsi. Accontentarsi è una forma di pazzia.” E Terrinoni aggiunge che: “se c’è una lezione che ci dà joyce è questa: che la parola ‘impossibile’ non significa ‘ciò che non si può fare’, ma ‘ciò che non si è fatto ancora’, cioè è un futuro del possibile.”

Nella stessa ottica, è riduttivo considerare semplici giochi di parole il modo in cui Joyce usa la lingua, che a ben guardare è frutto di un ragionamento sul linguaggio. Si tratta piuttosto di “stratificazioni di parole”, basti pensare ad Adam, che diventa “at home”, “atom” e perfino “a dame”, oppure a “landshape”, che in traduzione si trasforma in “panombrama”, o ancora ad Hamlet, che contiene e allude a “ham” con il doppio significato di prosciutto e villaggio, ma anche di “Cam”, figlio di Noè (Cam o Ham), da cui la traduzione “Insacco”, che coniuga entrambe le sfumature.

“Noi siamo all’interno di un mondo, ‘world’, fatto di parole, ‘words’, e la differenza fra world e word è la l di linguaggio.” In ultima analisi, la chiave è fare un “salto in altro”, come lo chiama Bergonzoni, esercitandosi con quella che è una vera e propria “palestra per la mente”.

I due traduttori e chi, prima di loro si è occupato degli altri volumi, hanno portato a termine un’impresa immane, smentendo la presunta “intraducibilità” di Finnegans Wake, e per dirla con Bergonzoni, hanno letteralmente “capolavorato”, così come Joyce, che “ha lavorato ad arte andando oltre il romanzo, oltre la storia, oltre la biografia.”

Per chi volesse approfondire e mettersi nei panni di Pedone e Terrinoni, ecco un link in cui si trovano diversi ragionamenti che hanno portato a scelte traduttive talvolta ardite, ma sicuramente felici: https://www.iltascabile.com/letterature/smerigli-lingua-finnegans-wake/

Se siete curiosi e volete farvi rapire anche voi dal dialogo incalzante e pieno di spunti tra i traduttori di Joyce e Alessandro Bergonzoni, potete trovarlo qui: https://www.youtube.com/watch?v=ZljoSz62-I0

Buon ascolto!