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Fare i conti con la propria lingua – L’importanza dell’autorevisione

Per la rubrica #traduzioneacolazione di @wip_traduzioni parliamo oggi de “La voce del testo” di Franca Cavagnoli. Un saggio in cui l’autrice ci guida nell’esplorazione del modo della traduzione editoriale, dalla lettura preliminare alla rilettura finale di un testo, svelandoci malizie e strategie da mettere in atto per affrontare vari generi letterari, come la narrativa contemporanea e il chick-lit.
Mi soffermerò sul capitolo dedicato alla revisione, i cui suggerimenti sono validi per tutti gli ambiti della traduzione, non soltanto quello editoriale e in cui si legge “La traduzione prima e la revisione poi dovrebbero costringere a fare i conti con la propria lingua in modo più puntuale […] “Tagliar via sul testo”, come si dice in gergo, oppure piallare un’invenzione linguistica in un luogo comune, in una frase trita non è etico, nega l’altro da sé”.

L’autrice sottolinea l’importanza dell’autorevisione che dovrebbe corrispondere a un terzo o alla metà del tempo dedicato alla traduzione. Quest’operazione si può dividere in tre fasi. La prima consiste in una rilettura con l’originale a fronte per verificare la completezza del testo, l’uso della punteggiatura, rimandi e ripetizioni interni. Nella seconda fase si rilegge la traduzione concentrandosi solo sull’italiano per individuare calchi, falsi amici e verificare eventuali citazioni. La terza fase di rilettura dovrebbe svolgersi dopo aver lasciato passare un po’ di tempo per concentrarsi sul “corpo sonoro” del testo, migliorare soluzioni troppo pigre o legnose e lavorare sul ritmo e la spontaneità dei dialoghi. All’autorilettura del traduttore segue poi la revisione di editor, redattori e revisori che devono sviluppare una notevole sensibilità per distinguere tra “alterità culturali” da preservare perché frutto di precise scelte dell’autore e del traduttore ed errori da correggere. Un buon revisore non lascia trasparire il gusto personale e tiene a bada le idiosincrasie, svolgendo il proprio compito in punta di piedi e limitando l’atteggiamento da “grammar nazi” che tende a sviluppare per deformazione professionale.

 

Grazie a Ilenia Gradinello, che ha scritto per noi questo articolo.