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Joyce Lussu, una vita “contro”

La #traduzioneacolazione di oggi ha il sapore di un vecchio libro trovato per caso su una bancarella dell’usato. Parliamo della prima edizione del 1967 di Tradurre Poesia di Joyce Lussu. Se vi state chiedendo che cos’ha ancora da dire un volume del ‘900 al pubblico moderno, lasciate che vi presentiamo la sua autrice. Impresa ardua dato che per la nostra protagonista gli appellativi si sprecano: partigiana, medaglia d’argento al valor militare, femminista, ambientalista, e ancora, poeta, scrittrice e traduttrice.

Joyce Lussu, una vita “contro”.

Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti, questo il nome all’anagrafe, ma per tutti Joyce, nacque nel 1912 in una famiglia liberale e antifascista e conobbe fin da subito l’esilio e la lotta contro il potere costituito. Nel 1924, in seguito a un pestaggio squadrista subito dal padre, la famiglia si trasferì in Svizzera. Da qui iniziò il viaggio di Joyce per l’Europa e oltre. Prima Heidelberg per studiare filosofia, poi fuggì a Ginevra alle prime avvisaglie del nazismo. Successivamente passò in Africa per seguire il primo marito, che lasciò dopo pochi anni. E di nuovo in Svizzera per unirsi all’organizzazione antifascista “Giustizia e Libertà” dove conobbe il suo secondo marito, Emilio Lussu, eroe della Prima Guerra Mondiale. Insieme si trasferirono a Parigi, dove Joyce studiò alla Sorbona, per poi fuggire, in seguito all’occupazione tedesca, nel sud della Francia dove organizzavano partenze clandestine e lei imparò a falsificare i documenti. Per un periodo vissero anche a Lisbona, dove studiò il portoghese, e in Inghilterra, dove imparò a usare le armi e le tattiche di guerriglia prima di partecipare alla resistenza partigiana in Italia, nome di battaglia Simonetta, e guadagnarsi la medaglia d’argento. Racconterà in Fronti e Frontiere che, spostandosi spesso, non potevano avere legami, né conservare ricordi, lettere e fotografie dovevano essere distrutte, ma che proprio per questo si sentiva leggera. Gli unici averi che li seguivano ovunque erano i libri e la macchina da scrivere.

Alla fine della guerra concentrò le sue energie nella lotta contro l’imperialismo, girò l’Europa con il Movimento Mondiale per la Pace e a Stoccolma conobbe Hikmet, di cui diventò amica e traduttrice. Non conosceva il turco, ma questo non la fermò e affinò un metodo che le consentì di interpretare le parole di molti altri poeti, lontani, geograficamente e linguisticamente, ma uniti dall’impegno politico. Tradurre poesia non è un arido saggio accademico, bensì il diario di questo viaggio nei versi.

Ma come riusciva a tradurre da lingue che non conosceva?

Fu proprio Hikmet a insegnarglielo. Le suggerì di tradurre le sue poesie e si offrì di spiegargliele in francese. Quando non trovava le parole, si aiutava con perifrasi o espressioni in altre lingue note a entrambi, talvolta addirittura con i gesti, finché ogni dubbio non fosse chiarito. Perché i suoi versi fossero utili, così come li aveva concepiti, le suggeriva: “adopera soltanto parole concrete, non ambigue, quelle che si usano tutti i giorni e che capirebbe anche un contadino analfabeta.” Nelle pagine dedicate a Hikmet, tra riflessioni sulla poesia e aneddoti, compresa la rocambolesca fuga della famiglia del poeta dalla Turchia organizzata dalla stessa Joyce, si delinea sempre più chiaramente il suo approccio alla traduzione. A Joyce non interessava lavorare a tavolino con grammatiche e dizionari, lei voleva instaurare con i poeti un fitto dialogo che le consentisse di capire perché avevano scelto proprio quella parola, perché quella immagine. Ed ecco l’illuminazione: “Forse tutti i poeti sono traducibili, se si conoscono profondamente. Per conoscerli, è ovvio che non basta la filologia, e bisogna capire del poeta molto di più di quanto non possa essere acquisito attraverso i vocabolari, le grammatiche e la storia della letteratura.” Con questo metodo, tradurre le risultava così facile, che a un certo punto dubitò della resa e fece esaminare i suoi lavori ad alcuni filologi che conoscevano sia il turco, sia l’italiano. Quando la rassicurarono sulla qualità delle sue versioni, decise non solo di proseguire a tradurre Hikmet, ma anche di andare in giro per il mondo alla ricerca di poeti d’avanguardia che parlassero di resistenza per far conoscere le loro parole anche in Italia.

Ci ritroviamo così a Lisbona negli anni ’60, dove nella fortezza di Aljube era incarcerato Agostinho Neto, poeta e patriota dell’Angola che Joyce tentò di incontrare, armata di un contratto della Mondadori per la pubblicazione delle sue opere in Italia e di una lettera di solidarietà della comunità europea degli scrittori. Dopo un primo fallimento, riuscì a intervistarlo quando Neto ottenne la libertà vigilata. Lo descrive come impenetrabile e di poche, misurate parole. Trovò nella poesia un linguaggio comune, riuscendo a ricostruire il quadro politico che diede vita a versi in cui il portoghese si era trasformato in un’altra lingua, priva di riferimenti alle tradizioni europee, con una sintassi modificata e con l’uso di espressioni e parole autoctone.

Queste sono solo le prime due tappe della ricerca di Joyce. Nel corso della lettura, la seguirete in Mozambico sulle tracce del poeta rivoluzionario José Craveirinha, ma anche a Capo Verde a studiare i canti della resistenza, opere corali che accompagnavano le lotte per l’indipendenza. La sua curiosità vi porterà per sentieri impervi fino in Kurdistan, dove il rosso non era un colore, ma il colore, dove parlare la lingua curda, dolce e sanguigna, significava rivendicare il diritto di esistere e di difendere la propria cultura. Infine, tra una spedizione e l’altra, mentre vi starete riposando a Copenaghen, Joyce vi porterà “in un bianco deserto al confine del mondo”, alla scoperta dei Katajjaq, canti inuit espressi da un gruppo per la collettività e che rappresentano la necessità di superare la paura e le difficoltà e di riscoprire qualcosa di gentile nella condizione umana.

 

Se la figura di Joyce Lussu ha affascinato anche voi, vi lasciamo qualche link per approfondire:

Joyce Salvadori Lussu

http://silvia-iannello.blogspot.com/2012/05/joyce-lussu-e-hazim-hikmet-la-poesia-e.html#:~:text=Mor%C3%AC%20a%20Roma%20il%204,all’et%C3%A0%20di%2086%20anni.

https://www.elle.com/it/magazine/storie-di-donne/a32279085/joyce-lussu-poesie/

https://www.cinefacts.it/cinefacts-news-136/la-mia-casa-e-i-miei-coinquilini-il-lungo-viaggio-di-joyce-lussu.html

https://www.youtube.com/watch?v=TLQcrZH4dk0

https://www.youtube.com/watch?v=Y_t9f_VEG2A