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La “scatola nera” del traduttore

NovediLF®: farmaci che “agiscono sull’apparato gastrico e contemporaneamente sulle connessioni neurali (…) facendo aumentare il numero e il dolore delle contrazioni allo scopo di riconoscere la reale causa della sofferenza. (…)”. Sì, le Novelle di Leonhard Frank possono considerarsi una medicina, amara, per l’anima, come recitano le istruzioni per l’uso presenti sull’ultima pagina de “L’uomo è buono”, Del Vecchio Editore. Non posso che ringraziare Davide Ruffinengo e la sua libreria “Profumi per la mente” per avermele fatte scoprire.

Una particolarità di questa edizione è l’ampio spazio riservato alla traduttrice Paola del Zoppo che, nella sezione “La scatola nera del traduttore”, sottolinea che misurarsi con classici dimenticati come i testi di Frank è tanto affascinante, quanto impegnativo.

Frank rivedeva e modificava i testi a ogni nuova edizione e “L’origine del male” e “L’uomo è buono”, presenti in questo libro, non fanno eccezione. Per entrambi la del Zoppo aveva a disposizione più edizioni e traduzioni. E quindi? Quale versione originale scegliere? Quale traduzione precedente consultare?

Ci concentreremo su “L’uomo è buono” che, secondo Paola del Zoppo, ha rappresentato la sfida maggiore. La difficoltà principale è stata trovare un tono che rendesse sia la passione giovanile del Frank della prima edizione, sia la maturità dell’ultima stesura, a quarant’anni di distanza. Dopo aver consultato la traduzione del 1922 in cerca di soluzioni, ma trovando solo nuovi dubbi, la del Zoppo ha capito che serviva un lavoro filologico. Ha iniziato così a studiare la biografia dell’autore, le lettere e i diari. Possiamo leggere nell’approfondimento in nota che Leonhard Frank, di umili origini e con una rigida educazione cattolica alle spalle, nel 1910 interruppe la propria formazione all’Accademia di Belle Arti di Monaco per trasferirsi a Berlino. Qui, frequentando i Caffè e i circoli artistici, scoprì la sua vocazione: la scrittura. Approfondendo la storia dell’autore, la del Zoppo è risalita all’origine degli ideali pacifisti di Frank influenzati dalle teorie psicanalitiche di Otto Gross. In questo modo è riuscita a cogliere l’entusiasmo politico giovanile che l’autore aveva razionalizzato nell’ultima versione e ha poi reso questo processo in traduzione.

Questa serie di novelle descrive la Prima Guerra Mondiale da cinque punti di vista diversi in un climax che culmina con “I mutilati di guerra”. Uno degli aspetti che più mi ha colpito è che, a causa di un evento drammatico, i protagonisti di ogni novella vivono un’epifania che li porta a rendersi conto che luoghi comuni come “sacrificato sull’altare della guerra”o “mettersi l’animo in pace” non sono altro che strumenti della retorica di uno Stato autoritario. Questa consapevolezza porta i personaggi a liberarsi del linguaggio basato sul potere e a innescare una presa di coscienza negli altri attraverso l’impiego di “parole nuove”. Così nella prima versione a parole come “onore”, “patria” e “gloria” i personaggi iniziano a opporre “amore”, “pace” e “rivoluzione”. Anche se nell’ultima edizione, il Frank adulto eliminerà poi “amore” in quasi tutte le occorrenze, resta la metamorfosi linguistica e di coscienza dei personaggi.

Trovo che il concetto per cui l’uso delle parole condizioni il modo in cui concepiamo la realtà e, di conseguenza, le nostre vite, renda le novelle di Frank quanto mai attuali e le note di traduzione una scatola delle meraviglie per un linguista.

 

Ringraziamo Ilenia Gradinello, che ha scritto per noi questo articolo.