fbpx

Riccardo Valla e il suo fantastico laboratorio

Un laboratorio di fantastici libri

Riccardo Valla, classe 1942, torinese doc. “Chi è?”, direte voi. “Un traduttore”, vi rispondiamo noi. E, aggiungiamo, il maggior studioso di fantascienza del Novecento italiano. Se non ne avete mai sentito parlare, non vi preoccupate, perché nemmeno noi sapevamo chi fosse. Considerando che chi sta scrivendo questo articolo ama la fantascienza, ignorare l’importanza che Valla ha avuto nel panorama editoriale fantascientifico italiano è imperdonabile, e infatti, appena ho scoperto il saggio Un laboratorio di fantastici libri, ho voluto subito colmare questo vuoto.

L’autrice del libro è Giulia Iannuzzi, che dopo la laurea in Lettere moderne a Milano ha scritto una tesi di dottorato in italianistica sulla fantascienza italiana, e che attualmente ha all’attivo altri due titoli dedicati al genere. Per la stesura del volume, Iannuzzi ha consultato, tra gli altri, gli archivi delle case editrici con cui Valla ha collaborato, gli archivi della Camera di Commercio di Torino e il fondo Erich Linder, particolarmente importante perché rende conto della fitta rete di rapporti intrattenuti con case editrici, con agenzie e singoli autori dagli inizi dell’attività (fine anni Quaranta) fino alla prematura scomparsa dell’agente letterario Linder. Quello che leggiamo nel saggio è il ritratto di un uomo poliedrico, curioso e aperto alle novità, lettore assiduo di fantascienza prima ancora che traduttore ed editore finissimo.

Sevagram

Che cos’è la fantascienza? La Treccani ci dice che è “genere letterario, estesosi poi al cinema, in cui l’elemento narrativo si fonda su ipotesi o intuizioni di carattere più o meno plausibilmente scientifico e si sviluppa in una mescolanza di fantasia e scienza.” Un po’ come i romanzi western giunti in Italia nella prima metà dell’Ottocento, anche la fantascienza inizialmente subì tagli e riadattamenti per essere proposta nelle edicole in versione molto ridotta a ragazzini o ad adulti ritenuti culturalmente impreparati a leggere testi in cui concetti tecno-scientifici, mondi distopici e viaggi interstellari la facevano da padroni.

A metà degli anni ’70, mentre lavora per la Editrice Nord, Valla intuisce che il genere merita di uscire dalle edicole e finire sugli scaffali delle librerie. Nascono così le collane “Cosmo Oro” e “SF Narrativa di anticipazione”, edizioni molto ben curate e soprattutto integrali di romanzi che segneranno un’epoca e che oggi si trovano praticamente solo sulle bancarelle: per citarne giusto alcuni, da Dune di Frank Herbert a Il fiume della vita di Philip J. Farmer, da Il telepatico di John Brunner a I reietti dell’altro pianeta di Ursula K. Le Guin, una delle più importanti scrittrici di fantascienza del Ventesimo secolo. Proprio con quest’ultima, Valla terrà una fitta corrispondenza per discutere non solo di diritti e tariffe, ma anche di traduzione. Molto interessante, in questo senso, il capitolo Traduttore e amico di penna.

Nel 1978 Valla lascia l’Editrice Nord e intensifica l’attività di traduttore. Tra gli anni Ottanta e il 2013, anno della sua morte, tradurrà decine di grandi nomi, tra cui Isaac Asimov, Larry Niven, Alfred Bester (nella foto di oggi potete vedere proprio uno dei suoi libri in edizione Cosmo Oro, Destinazione Stelle, in inglese The stars my destination), Murray Leinster e Alfred Van Vogt, il quale, nel romanzo Hedrock, l’Immortale, chiude la storia con la parola hindi sevagram, lessema a cui Valla si affezionerà molto, al punto da utilizzarlo non solo come titolo per la fanzine da lui fondata nel 1967, ma anche come nome della libreria specializzata che aprirà a Torino nel 1978, la quale meriterebbe un approfondimento a parte solo per la fervente atmosfera che pare si respirasse al suo interno (che cosa darei per poter tornare indietro nel tempo e varcarne la soglia!). Da citare, infine, il libro Sevagram, Una storia della fantascienza, sempre a firma di Valla.

Risolvere un cruciverba senza schema

Come spiega Iannuzzi, tradurre la fantascienza implica difficoltà tecniche “in forma di onnipresenti neologismi, neosemi, linguaggi inventati, vocabolari tecno-scientifici e pseudo scientifici”, e richiede quindi “cognizioni linguistico-letterarie specializzate.” In un’intervista alla casa editrice Nero, Chiara Reali, che ha ritradotto La mano sinistra delle tenebre di Ursula K. Le Guin, un classicone del 1969 che ora si trova edito da Mondadori con il titolo La mano sinistra del buio, ritiene che “per tradurre la fantascienza non è necessario appassionarsi alla fantascienza, basta appassionarsi alle parole. Smontarle per vedere come sono fatte e rimontarle in una lingua diversa. Scavare nel terreno in cui affondano le radici finendo a testa in giù e scoprire il modo in cui quelle radici si legano a quelle di altre parole – e poi seguirle di nuovo fino in superficie, per trovare quella giusta.” Un po’ quello che faceva lo stesso Valla quando scriveva a Le Guin chiedendole chiarimenti su determinate scelte linguistiche per poterle rendere al meglio. Ecco ad esempio quali domande le rivolse mentre traduceva Intracom, racconto umoristico inserito nel numero 23 della mitica rivista Robot e incluso successivamente nella raccolta La Rosa dei venti (ma nella traduzione di Roberta Rambelli), in cui l’equipaggio di un’astronave dialoga a distanza attraverso il sistema di comunicazione interna:

“I don’t have a clear idea of the model of the mind-body relations you adopted: for instance: what function is represented by the Captain (good pun the “Captain Cook”… if it is a pun based on the fact that she also acts as the cook, but is this the only reason to speak of breadfruit trees?). To sum up my doubts, there were a few moments that appeared arbitrary (Tom, Captain Cook, breadfruits) and I feel like someone who had resolved a crossword puzzle without the number of black squares to be comprised into the frame: I see a few white squares, and I wonder if I wasn’t mistaken.” (lettera del primo ottobre 1977)

Queste poche righe sono estrapolate da una delle oltre venti lettere che si trovano nell’appendice del saggio di Iannuzzi, allestita privilegiando “la corrispondenza con autori – tradotti e/o contattati in vista di possibili traduzioni ed edizioni, talvolta divenuti amici di penna.” Insieme a saggi, articoli e apparati editoriali, le lettere rappresentano “la chiave per accedere al laboratorio di un eccezionale intellettuale, editore e traduttore, e assistere al concreto svolgersi del lavoro culturale […] dalla scelta di un testo per la pubblicazione alla contrattazione dei diritti, dalla sua traduzione e collocazione editoriale fino alla sua promozione nelle sedi dell’informazione letteraria.”

Come sempre ci fermiamo prima di raccontarvi troppo. Vi abbiamo fatto sbirciare dalla finestra del laboratorio di uno dei più grandi traduttori della propria epoca, e speriamo di avervi incuriosito abbastanza da voler approfondire.

E per la serie “consigli non richiesti”…

Se non avete mai dato una chance alla fantascienza, sappiate che è sempre un buon momento per iniziare. Volendo partire da qualcosa di leggero, possiamo consigliarvi un classico della fantascienza umoristica, Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams, oppure Memorie di un cuoco di astronave di Massimo Mongai, altrettanto godibile. Se invece volete iniziare con qualcosa di serio ma non troppo complicato, vi consigliamo Le sabbie di Marte di Arthur C. Clarke (per intenderci, l’autore di 2001, Odissea nello spazio) o I mercanti dello spazio di Frederik Pohl e C.M. Kornbluth.