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Tradurre lo yoga

Per la rubrica #traduzioneacolazione di @wip_traduzioni ho scelto un articolo a cui sono giunta grazie alla mia passione per lo yoga. Nell’articolo “Lo yoga in Oriente e in Occidente: traduzioni interculturali” (www.istitutoeuroarabo.it), l’autrice Cristina Siddiolo conduce un’analisi molto interessante sulla traduzione culturale dello yoga in Occidente. Vengono studiate le figure di grandi maestri, come Vivekananda, che hanno contribuito allo sviluppo dello yoga moderno e alla sua diffusione in Occidente, fino ad arrivare ai Beatles, che nel 1968 soggiornarono nell’ashram di Maharischi Maesh Yogi, rendendo ancora più popolare lo yoga che si legò poi al movimento hippie e new age.

Mi ha colpito la frase “Vi sono trasformazioni frutto di “traduzioni”. Ci si riferisce a tutte quelle trasposizioni della nozione di yoga da un contesto all’altro e di traduzione sia sul piano letterale sia sul piano culturale.” La traduzione non è quindi soltanto una trasposizione di parole, ma anche un veicolo di concetti, valori e culture ed è spesso testimone dell’evoluzione di un fenomeno. Basti pensare che oggi un neofita italiano, soprattutto se autodidatta, impara i nomi degli asana spesso prima in inglese, poi in sanscrito, e forse anche in italiano, talvolta facendo confusione. Bakasana ad esempio viene tradotto erroneamente in inglese con “crow pose” e di conseguenza in italiano con “posizione del corvo”, ma le traduzioni corrette sarebbero “crane pose” ovvero “posizione della gru”, mentre il corvo in sanscrito si traduce kakasana ed è una posizione leggermente diversa. Se siete arrivati fin qui, tanta stima😉 e vi lascio con un interrogativo: quale testo (non di yoga), con le sue traduzioni, ha influenzato l’intero mondo Occidentale per secoli? 🤔

 

Grazie a Ilenia Gradinello, che ha scritto per noi questo articolo.