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Tradurre Pinocchio in Internet

“Fai attenzione…

Re! – I miei piccoli lettori diranno immediatamente.

No, ragazzi avete torto. Una volta c’era un pezzo di legno. Non era un lusso fatto di legno, ma un semplice pezzo di tubo, e in inverno le stufe e i caminetti escono per accendere un fuoco e riscaldare le stanze”.

Vi è andato di traverso il caffè? Vi sentite come quando vi cambiano la disposizione della merce al supermercato? Ci scusiamo per il disagio, ma era necessario per farvi entrare da subito nella storia di questa #traduzioneacolazione: “Un burattino nella rete – tradurre Pinocchio in Internet” a cura di Carola Barbero.

Allacciate le cinture perché porteremo Le avventure di Pinocchio su un ottovolante guidato da un pilota “scervellato” che le tradurrà automaticamente in cinquanta lingue, per poi tornare, con le stesse modalità, al punto di partenza. Una folle corsa con “il vento dell’incoscienza linguistica tra i capelli”. L’effetto sarà straniante e divertente, ma questo esperimento semiserio ci darà anche l’occasione di riflettere e imparare. Non torneremo come prima, proprio come Pinocchio al termine della storia. Ne avete avuto un piccolo assaggio in apertura, dove abbiamo riportato la traduzione automatica in italiano della traduzione, anch’essa automatica, in Georgiano dell’incipit del libro… “che al mercato mio padre comprò”.

Prima però, per farci perdonare della turbolenza iniziale, vi proponiamo le parole prese in prestito da Carlo Lorenzini per questo gioco e ne approfittiamo per scusarci del tradimento automatico con il suo alter ego Collodi.

Eccolo qui l’incipit.

Abbiamo sottolineato alcuni punti critici del testo che hanno messo in difficoltà il traduttore automatico restituendo risultati sprezzanti del ridicolo in quasi tutte le versioni. Si va da errori non tanto di significato, quanto di stile, come la “catasta” che diventa una “pila”, a strafalcioni veri e propri, come il verbo “capitare”, reso spesso con “succedere”, cambiando lo stato metafisico del legno che da oggetto diventa evento. Per quanto riguarda la prima occorrenza del verbo, non possiamo non citare la traduzione dell’intera frase che scaturisce dal somalo: “Non so come vanno le cose, ma il fatto è che un giorno questo colpo di pistola è avvenuto in officina con un uomo impuro, che aveva il nome di Mastr’Antonio, a meno che non tutti dovessero chiamarlo Maestro Cherry a causa della punta del naso”. Come sottolinea Carola Barbero nella prefazione, tra colpi di pistola e uomini impuri, sembra di essere in un western con risvolti spirituali. Che dire? Pura poesia. Uno dei punti più ostici è forse la “fregatina di mani” che facendo un tuffo nel bengalese diventa “strofinandosi la mano soddisfatto”, passando per il corso si trasforma in “battendo le mani allegramente”, fino ad arrivare a “accarezzando la sua soddisfazione” dopo una sosta nel cinese. E il povero Mastro Ciliegia? Beh, cambierà più identità di una spia vestendo i panni di Maestro Cherry, Maestro Gilas, Maestro Qoligua, Maestro Ciliegio e Maestro di ciliegie, spesso a poche righe di distanza.

Si potrebbe obiettare che la traduzione che impiega la tecnica di deep learning che, attraverso reti neurali artificiali, consente alla macchina di apprendere e “ragionare” sulle informazioni ricevute, sia più indicata per le traduzioni tecniche e quindi non ci sia da meravigliarsi della scarsa resa in quelle editoriali. Obiezione accolta. Dobbiamo però riconoscere che il nostro pilota automatico si è dimostrato incerto anche sui passaggi, se vogliamo, più “tecnici” legati alla lavorazione del legno, proponendoci più volte ad esempio l’”ascia arrotolata”.

 

 

Va detto anche che più una lingua è rara, più ardua è l’impresa per gli algoritmi. Se poi si ritraduce il risultato in italiano, l’effetto “telefono senza fili” è garantito. Proviamo allora a fermarci un “click” prima e a confrontare la versione automatica inglese, con la traduzione per Collins di Isopel May del 1954.No, non si tratta di una sfida “macchina vs persona”, non avrebbe molto senso. Lo scopo di questo confronto è piuttosto quello di indagare le nostre reazioni. Nel caso della traduzione automatica, sappiamo che la macchina esegue solo le istruzioni, ma non comprende ciò che traduce. Siamo consapevoli che si tratta di un gioco, quindi il risultato ci diverte, non ci si alza il sopracciglio per la disapprovazione e, sotto sotto, ci rassicura perché fare peggio sarebbe difficile. Nel secondo caso, invece, passiamo al setaccio ogni scelta, siamo molto più esigenti perché non vogliamo rinunciare a nulla del testo fonte. Non ci basta che venga trasmesso il contenuto, vogliamo cogliere anche il come viene detto, la motivazione, la mano di chi scrive e capire per chi scrive. Come sottolinea Barbero, per affrontare queste sfide ci vogliono pazienza, coraggio e amore. La pazienza di trasformare un materiale mantenendone inalterata la forma. Il coraggio di imbarcarsi in un’impresa fallimentare in partenza perché è impossibile trasportare un testo in una lingua diversa senza renderlo altro. Infine, l’amore per il linguaggio e le parole da accompagnare con cura verso un altro mondo. Considerato lo sforzo, dovremmo apprezzare di più il risultato e avere più clemenza per qualche piccolo inciampo.

Questo giro di giostra termina qui, ma vi invitiamo a restare sull’ottovolante per scoprire tutte le lingue attraversate da Pinocchio.