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Colazione (e traduzione) da Tiffany

«[…] Sapete quei giorni, quando vi prendono le paturnie

«Cioè, la melanconia?»

«No,» disse, lentamente. «La melanconia viene perché si diventa grassi, o perché piove da troppo tempo. Si è tristi, ecco tutto. Ma le paturie sono orribili. Si ha paura, si suda maledettamente, ma non si sa di che cosa si ha paura […]»

Tempo fa cercavamo un nuovo spunto per la rubrica #traduzioneacolazione, e frugando tra le nostre librerie abbiamo scovato un libro che la colazione ce l’ha nel titolo: Colazione da Tiffany di Truman Capote. “Perfetto”, abbiamo pensato, “chissà se riusciamo a dire qualcosa di interessante sulla traduzione”. Abbiamo iniziato  a fare qualche ricerca in rete e abbiamo trovato diversi siti che riportano la frase con cui abbiamo aperto questo articolo.

Ebbene, tutto ha avuto inizio proprio con quella parola in grassetto, paturnie: si tratta di un regionalismo che probabilmente, all’epoca della traduzione curata da Bruno Tasso[1] nel 1959, capiva solo chi viveva nel Nord Italia, e forse solo in Piemonte e Lombardia (lo stesso Tasso era milanese); crediamo, anche se non ne siamo certi, che sia stato così finché la comica piemontese Luciana Littizzetto non lo ha sdoganato in TV e sugli articoli che pubblica sul supplemento di un noto quotidiano torinese.

La recente ristampa, da parte di Garzanti, del famosissimo libro di Truman Capote, coincide con una nuova traduzione ad opera di Vincenzo Mantovani, perciò abbiamo pensato: perché non confrontiamo le due versioni, divertendoci a individuare le diverse scelte traduttive? Quelle paturnie saranno rimaste tali? Parliamo di due traduzioni molto distanti tra loro in termini di tempo, quindi le riflessioni da fare non mancano. Vi va di seguirci in questa breve analisi? Bene: prendete cornetto, caffè, tubino nero, occhialoni, perle, gatti, insomma, quello che volete, e partiamo!

Iniziamo allora dalle nostre protagoniste principali, definite così dal dizionario Treccani:

patùrnie (o paturne) s. f. pl. [etimo incerto], region.Stato d’animo malinconico; più com., cattivo umore, irritazione sorda e stizzosa, soprattutto in locuzioni e frasi come: avere le p.; far venire, mettere addosso le p.; ogni tanto gli vengono, o gli prendono, le p.; ti son passate le p.?; non gli sono ancora svanite, o non ha ancora digerito, le paturnie.

Nella versione odierna di Mantovani, quest’ultimo o l’editore devono aver pensato che fosse il caso di optare per un termine non connotato a livello regionale, o meglio, che secondo il dizionario Treccani lo era solo inizialmente. E così, ora, il lettore troverà strizza, cioè “forte paura, fifa”:

«[…] Ascolta, sai quei giorni che ti prende la strizza

«Lo stesso di quando ti viene la malinconia?»

«No», disse lentamente lei. «No, la malinconia che ti viene perché ingrassi, o magari perché piove da troppo tempo. Sei triste, tutto qui. Mentra la strizza è orribile. Hai paura e sudi come se fossi in una sauna, ma non sai di cos’hai paura […]»

Come spiega Marco Piani, traduttore per Bompiani, “Capote si era inventato addirittura un neologismo – mean reds, cioè il nostro paturnie, contrapposto a blues, la tristezza normale – basato sulla contrapposizione cromatica che la lingua inglese e la creatività dell’autore hanno reso possibile. […] Si può dunque far di meglio di paturnie? Sì e no. Sì, nel senso che Vincenzo Mantovani ha recentemente, e ottimamente, ritradotto Breakfast at Tiffany’s come la novella di Capote meritava. No, nel senso che la nuova soluzione – Mantovani sostituisce paturnie con strizza – non mette in discussione la strategia traduttiva precedente, costretta ad ammettere i limiti imposti dall’italiano stesso[2]”.

Detto questo, qualcuno ha notato che nella versione di Tasso si suda maledettamente, mentre in quella di Mantovani si suda come se ci si trovasse una sauna? Che cosa c’è scritto in originale? “You sweat like hell”.

Altre interessanti differenze riguardano l’uso del “voi” al posto del “tu” e la tendenza a tradurre termini che oggi lasceremmo in inglese:

BRUNO TASSO

VINCENZO MANTOVANI
«[…] Lasciate che vi prepari un beveraggio, Qualcosa di nuovo. Lo chiamano Angelo Bianco

 

«[…] Lascia che ti prepari un drink. Una cosa nuova. Lo chiamano White Angel

 

Senza avere sotto gli occhi il testo originale, verrebbe da pensare a beveraggio come a una traduzione troppo letterale di beverage, ma in realtà la parola è proprio drink.

Analizzando le due versioni del libro abbiamo notato che, mentre la più datata non contiene note del traduttore, quella di Mantovani le include, non tanto per spiegare le scelte traduttive, quanto per chiarire alcuni riferimenti culturali che il lettore potrebbe non cogliere:

BRUNO TASSO

VINCENZO MANTOVANI

«[…] Sabato mattina farò un salto in banca. Poi passerò da casa e mi prenderò un paio di camicie da notte e il mio Mainbocher

«[…] Sabato mattina farò un salto in banca. Poi passerò da casa a prendere un paio di camicie da notte e il mio Mainbocher.*»

 

*Marchio di fabbrica del sarto di alta moda americano Main Rousseau Bocher, che dal 1922 al 1971 servì tre generazioni di altolocati clienti newyorkesi. [n.d.t.]

 

 

Più lo vezzeggiava («Ah, signor Bell, una signora non svanisce tutti i giorni. Non volete brindare alla sua salute?»)

 

Più lo blandiva («Ah, signor Bell. La signora non scompare tutti i giorni*. Non volete brindare alla sua salute?»)

*Allusione al film La signora scompare di Alfred Hitchcock (1938) [n.d.t.]

In quest’ultimo esempio possiamo notare come Tasso abbia scelto un verbo che non è quello usato nel titolo del film di Hitchcock, e questo potrebbe essere dovuto al fatto che all’epoca era difficile reperire in tempo utile i titoli italiani di un’opera o comunque capire il riferimento. Bastava non aver visto il film per non riconoscere la citazione. Oggi grazie a Internet possiamo verificare rapidamente qualsiasi informazione, e per noi è facile evitare la svista anche se non abbiamo mai letto né visto i libri o i film citati in un testo.

Terminiamo la nostra analisi con la cartolina che Holly invia a Joe alla fine del libro (ALLERTA SPOILER, noi ve lo abbiamo detto). Per facilitarvi il confronto, inseriamo anche l’originale inglese:

TRUMAN CAPOTE

BRUNO TASSO VINCENZO MANTOVANI
Brazil was beastly but Buenos Aires the best. Not Tiffany’s, but almost. Am joined at the hip with duhvine $eñor. Love? Think so. Anyhoo am looking for somewhere to live ($enor has wife, 7 brats) and will let you know address when I know

it myself. Mille tendresse.

Il Brasile era bestiale, ma Buenos Aires è quanto di meglio. Non Tiffany, ma quasi. Mi sono messa con un $eñor dihivino. Amore? Credo di sì. Comunque sto cercando un posto da vivere (il $eñor ha moglie, 7 marmocchi) […]

 

«Il Brasile era bestiale, ma Buenos Aires è una meraviglia. Non come da Tiffany, ma quasi. Ho incontrato un señor veramente diviiino e ormai siamo inseparabili. Amore? Credo di sì. Comunque sto cercando un posto dove stabilirmi (il señor ha moglie e sette marmocchi) […]

 

Come potete vedere, il gioco di parole beastly/best si perde in entrambe le traduzioni; il segno grafico del dollaro nella parola $eñor viene mantenuto solo da Tasso, che cerca anche di ricreare duhvine con dihivino, al contrario di Mantovani che preferisce un diviiino altrettanto efficace. Il traduttore di fine anni Cinquanta rimane fedele anche alla punteggiatura originale e al modo in cui è riportata la cifra, quando lascia la virgola tra wife e 7. E infine, ed è proprio il caso di dire dulcis in fundo, le mille tenerezze spariscono in entrambe le versioni, proprio come la signora di Hitchcock. E questa, ormai, non dobbiamo più spiegarvela. 😉

 

[1] Per capire la figura di Bruno Tasso come traduttore e come persona, vi rimandiamo a un articolo ricchissimo di informazioni:  https://www.soproxi.it/le-arti-del-sopravvivere/letteratura/brunotasso/

 

[2] Qui trovate l’intervista intera, che fa parte della sezione “Il salotto – Parola al traduttore” che Bompiani dedica ai propri traduttori sul sito: https://www.bompiani.it/salotto/traduzione-intervista-marco-piani