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Traduzione e scrittura

Con la #traduzioneacolazione di oggi vogliamo tornare a esplorare il rapporto tra traduzione e scrittura. Per farlo, vi proponiamo la raccolta di saggi accademici Traduzione e scrittura di Johann Drumbl. Grazie a un percorso di studi e al lavoro in aula incentrati sulla traduzione, l’autore conduce l’analisi di testi come poesie di Rilke o l’incipit de Il nome della rosa dal punto di vista della comprensione del testo e si interroga su come rapportarsi a questo tema scrivendo in ambito accademico.

Anche se non è recente, il libro fornisce comunque validi spunti di riflessione. Ad esempio, viene posto l’accento sull’importanza della lettura perché, citando Peter Handke, «che altro è il tradurre se non leggere con maggiore attenzione?». Prima ancora di concentrarsi sulla comprensione, chi legge per professione deve saper valutare il testo che ha davanti, capire se si tratta di una storia o di un commento al mondo, per adottare le strategie traduttive più idonee. Poi arriva la lettura vera e propria che deve essere lenta, silenziosa e profonda, facendosi da parte e, come scrive Nietzsche nella premessa dell’Aurora, «lasciando porte aperte, con dita e occhi delicati».

Alla fase di lettura segue quella dell’interpretazione perché, come sosteneva Heidegger, «ogni tradurre deve essere un’interpretazione. Al tempo stesso vale anche il contrario: ogni interpretazione e tutto ciò che è al suo servizio è un tradurre». Questa però è un’operazione delicata che talvolta può allontanare dalle reali intenzioni dell’opera. I maggiori rischi si corrono quando si deve tradurre un testo del passato che è già stato sottoposto a diverse interpretazioni, critiche e traduzioni. In questi casi, il pericolo è trovarsi di fronte a un prodotto “predigerito” in cui la parola viene privata di tutto ciò che è già stato scartato dall’interpretazione altrui. Secondo l’autore, «una traduzione basata su un testo privo degli “scarti” irrigidisce, per così dire, le singole parole, sovraccaricando di senso le parti “salvate”, perdendo così di vista la complessità del testo d’origine». A questo riguardo, risulta particolarmente interessante l’analisi della traduzione del titolo del saggio di Benjamin Die Aufgabe des Übersetzers (Il compito del traduttore). L’interpretazione più diffusa porta a tradurre Aufgabe con “compito”, ma questa soluzione tralascia accezioni significative legate a concetti come vocazione, dovere, ruolo e funzione, privando il pubblico italiano della reale portata della parola tedesca. Come spiega Drumbl, ci sono due tipi di interpretazioni, quelle che non lasciano traccia di sé e quelle che sono il frutto di compromessi e approssimazioni, tentativi di stabilire un equilibrio, aumentando o diminuendo il peso di ogni elemento specifico del testo. Quindi, chi si trova a dover tradurre, o ritradurre, un classico deve svolgere un certosino lavoro di analisi delle stratificazioni interpretative per inquadrare l’opera nel giusto contesto storico-culturale e cercare di recuperare il più possibile del senso originale delle parole, senza lasciarsi influenzare dalla propria prospettiva moderna.

Questo processo di lettura, comprensione e interpretazione non è esente da errori, come viene dimostrato nel capitolo Leggere Musil, dove viene esaminato un errore sfuggito all’esperta Anita Rho nella traduzione de Das Fliegenpapier (La carta moschicida). Non vi sveleremo l’errore, ma possiamo anticiparvi la lezione tratta dall’autore, secondo il quale i passaggi problematici di una traduzione ben eseguita possono essere indicatori della strategia di lettura di chi l’ha svolta e, di conseguenza, del suo processo di interpretazione del testo.

Infine, non possiamo non citare il capitolo Il margine delle parole, che prende il titolo dalla poesia visiva di Peter Handke Der Rand der Wörter e che a noi richiama alla mente il testo I margini e il dettato di Elena Ferrante di cui avevamo parlato nell’articolo I margini e il dettato.

 

In questa poesia viene esplorato concretamente il concetto di Rand (margine, bordo, orlo), infrangendo i limiti della pagina che sono individuabili dalla posizione del numero 7 in alto a sinistra. Il testo sfrutta una peculiarità morfologica del tedesco, accostando coppie di sintagmi nominali, solo in apparenza equivalenti, create intorno al nucleo semantico di Rand. Non si tratta di corrispondenze bi-univoche, ogni parola ha una funzione ben precisa a seconda delle connotazioni che le si attribuiscono e dell’uso che se ne fa. Chi legge deve quindi immaginarsi una situazione reale in cui calare le parole e assumersi anche il rischio dell’interpretazione. Allo stesso modo, tradurre questa poesia significa esplicitare il proprio processo di comprensione. Così, per rendere il primo parallelismo si potrebbe adottare “Ai margini della città: Il margine della città” invece di usare “periferia della città” per Der Stadtrand, ottenendo un effetto connotativo completamente diverso. Anche soltanto provando a tradurre la prima coppia di termini ci si rende conto di come le parole, solo in apparenza vuote e astratte, cambino forma e diventino rotonde e piene quando si instaura un legame con la storia di chi parla, o traduce.

Si vi abbiamo incuriosito, vi suggeriamo di dedicare un po’ di tempo a questo testo non semplice, ma che, se affrontato con lentezza e attenzione, può aprire molti cassetti della mente.