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Pareti di cristallo

Scoperte casuali

Il saggio di cui vi parliamo oggi, Pareti di cristallo, ci è capitato fra le mani per puro caso: stavamo cercando libri di narrativa usando la parola chiave “parete” sul catalogo della Biblioteca Civica di Torino ed è spuntato tra gli altri titoli in elenco. Aprendo il link per leggerne la descrizione, abbiamo scoperto che l’argomento era la traduzione, perciò la curiosità ha avuto la meglio e lo abbiamo preso in prestito per leggerlo e valutare se proporvelo. E infatti eccoci qui a parlarvene.

L’autrice è Barbara Lanati, docente di Letteratura anglo-americana all’Università di Torino e critica letteraria approdata alla traduzione come è accaduto in passato a tante altre sue colleghe: non attraverso una formazione scolastica, perché quarant’anni fa non esistevano corsi di traduzione, ma su invito dell’allora consulente della casa editrice Savelli, Beniamino Placido, come lei stessa racconta in questo saggio e anche nella bella intervista Quando a tradurre si insegnava di nascosto, pubblicata sulla rivista Tradurre. Con un titolo così, vi sfidiamo a non leggerla. Vi anticipiamo solo che, fra le allieve dei laboratori di traduzione che Lanati organizzava negli anni Ottanta, e che lei stessa definiva “carbonari”, c’era Susanna Basso.

 

Emily Dickinson

Tornando al saggio, con quale nome della letteratura americana ha esordito Barbara Lanati, considerata “una delle più note e raffinate traduttrici di letteratura anglo-americana”? Con Emily Dickinson. Così, una a caso. “Con l’entusiasmo e l’incoscienza dei giovani accettai la sfida. Lo facessi oggi mi tremerebbero i polsi”, racconta l’autrice nell’introduzione di Pareti di cristallo.

A Dickinson è dedicata una delle quattro sezioni che compongono il saggio, “Margherita traduce Emily – Si può sognare il sogno di un altro?”. La persona a cui si fa riferimento è Margherita Guidacci, poetessa e traduttrice toscana attiva negli anni Quaranta. Partendo dal presupposto che le sue traduzioni di Emily Dickinson sono state oggetto di critiche e anche di fraintendimenti dovuti al fatto che il testo di partenza da lei utilizzato era una versione massicciamente riveduta dalla nipote della poetessa americana – Martha Dickinson Bianchi – Lanati si prefigge l’obiettivo di difendere l’operato di Guidacci confrontando diverse edizioni delle poesie di Dickinson e le relative rese italiane per dimostrare come, in realtà, la traduttrice non abbia fatto altro che rimanere fedele al testo di partenza di cui disponeva.

Perché assumersi questa incombenza? Perché un po’ di tempo dopo la morte della poetessa toscana, un editore di cui non viene fatto il nome chiede a Lanati di rivedere le traduzioni di Guidacci adducendo questa motivazione: “C’era qualcosa che non tornava: presentavano errori, anomalie e organizzazione dei versi dissonante rispetto all’edizione ufficiale”. L’edizione ufficiale in questione era quella della Harvard University Press, pubblicata nel 1955 a cura di Thomas H. Johnson. La risposta che l’editore incassa è non solo esemplare, ma anche molto professionale: chi sono io per mettere mano a componimenti tradotti da una professionista che, per giunta, era a sua volta poetessa, soprattutto ora che non c’è più e che non potrebbe difendersi da eventuali modifiche? (“Non lo si fa in sua assenza e senza il suo consenso”). In realtà la risposta è più articolata, ma se scendessimo troppo nel dettaglio dovremmo raccontarvi su quale testo originale si era basata Guidacci per tradurre Dickinson, svelandovi un aneddoto che vale la pena di leggere. Restando in tema, se non lo avete ancora fatto, vi consigliamo la lettura della nostra recensione di La mia vita se ne stava – un fucile carico, poesia di Emily Dickinson presa in esame nella collana DieciXUno di Mucchi Editore.

 

Gertrude Stein, Henry James e Angela Carter

Le restanti tre analisi che potrete leggere riguardano nomi, personalità e stili di scrittura che metterebbero in soggezione chiunque:

  1. la scrittrice e poetessa statunitense Gertrude Stein, la cui produzione è definita dalla Treccani come “improntata a una sistematica, spesso sconcertante, commistione di generi e a uno sperimentalismo linguistico fondato sull’applicazione del principio cubista della scomposizione”. Nel 2017 la casa editrice Nottetempo ha pubblicato il suo Autobiografia di tutti con la traduzione “magistrale” di Fernanda Pivano, che a quanto pare era diventata introvabile;

 

  1. l’autore di Ritratto di Signora, Henry James: Lanati non si è occupata del romanzo in veste di traduttrice, ma di studiosa; qui prende infatti in esame traduzioni fatte da altri, comparando quella del 1942 di Carlo e Silvia Linati ed edita da Einaudi (di cui lei stessa ha scritto l’introduzione) e quella del 1963 a cura di Beatrice Boffito Serra e pubblicata da Rizzoli (il quale, come vedrete cliccando sul link, non si scomoda a indicare il nome della traduttrice). L’obiettivo dell’analisi è capire quale delle due riesca meglio nell’intento di veicolare la psicologia e le intenzioni dei personaggi tenendo anche conto dei rimandi tra un capitolo e l’altro e dei “riferimenti interni”;

 

  1. la scrittrice e giornalista britannica Angela Carter. Molto intrigante il sottotitolo, quasi uno scioglilingua, del capitolo a lei dedicato, “Che fare quando il compito di chi traduce è quello di tradurre una traduzione?”. E, aggiunge l’autrice del saggio, “Quale registro privilegiare dal momento che lei li controlla e spesso coniuga tutti? Quello fiabesco , giornalistico, romanzesco, tragico e poetico?”. Non a caso, circa la proposta di tradurre Carter, Lanati dice: “Accettai quindi di scivolare […] ‘nel bagno di sangue’ della traduzione”. Il riferimento, per nulla velato, è alla raccolta di racconti La camera di sangue.

 

In definitiva, Pareti di cristallo non è un testo facile. Richiede attenzione, e probabilmente vi ritroverete a rileggere più volte uno stesso passaggio, non certo per come è scritto, anzi, ma per la quantità di riflessioni e considerazioni che contiene. L’effetto che ha avuto su di noi è stato di invogliarci ancora di più a leggere: quando riporteremo il saggio in biblioteca, sicuramente a casa con noi tornerà uno dei libri che abbiamo appena citato. Ecco perché #traduzioneacolazione ci piace così tanto.